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12

giugno

Esiste un nuovo progetto islandese relativo alla produzione di energia pulita dal magma. È in corso, in sostanza, una perforazione di 5 km di una zona a sud-ovest dell’Islanda, dove si potrebbe trovare materiale a temperature comprese tra 400 e 1000 gradi Celsius, capace di generare fino a 50 megawatt di energia elettrica, con un’efficienza dieci volte superiore ai tradizionali pozzi geotermici.

Il dottor Mario Tozzi – ricercatore presso l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria (IGAG) del CNR – ha spiegato che in Italia vengono sfruttati fluidi da vapore secco provenienti da pozzi più profondi, oppure quelli più superficiali a vapore umido. Si parla di geotermia profonda di fluidi ad alta entalpia, o di vapore secco, perché è talmente alta la temperatura che non c’è la produzione di vapore, ma solo di calore. “La risorsa che si tende a sfruttare di più è quella a bassa entalpia perché va bene anche per il riscaldamento oltre alla produzione di energia elettrica.

“La differenza fra l’esperimento islandese e gli impianti italiani non è da ricercare nella profondità, ma nelle temperature: da noi si parla di circa 380 gradi, in Islanda di temperature fino a 1000 gradi Celsius. Non esistoni in Italia serbatoi con questo gradiente termico: in Islanda il serbatoio geotermico è molto superficiale, mentre in Italia anche a profondità di 4-5 mila metri non si trovano queste temperature perché il serbatoio geotermico italiano è meno caldo e più profondo. Per avere quel tipo di temperatura bisognerebbe raggiungere profondità ancora maggiori”.

 

Una possibilità per trovare temperature così alte in Italia sarebbe quella di mettersi vicino ai vulcani, dove le camere magmatiche possono anche essere più superficiali. Se dovessi perforare la camera magmatica del Vesuvio, che con i Campi Flegrei crea un serbatoio magmatico ormai quasi comune, a 8 chilometri di profondità, di circa 400mila metri quadrati, potrei magari avvicinarmi. Lo stesso si potrebbe pensare per l’Etna. Però le perforazioni per energia elettrica vicino ai complessi vulcanici sono rare (a parte l’Islanda), normalmente si fanno nei complessi vulcanici quiescenti per varie ragioni, fra cui l’elevata usura dei materiali nella perforazione a temperature così alte.

 

Quali sono le prospettive del geotermico per l’Italia?

“La prima è aumentare il numero di impianti che usano risorse idrotermali. Ce ne sono ancora in Toscana, nel Lazio e in Campania.

“Il secondo è l’ORC (Organic Rankine Cycle), che sfrutta fluidi a minor temperatura che non riescono a produrre vapore d’acqua, ma sono sufficienti per alimentare i cosiddetti cicli binari. In sostanza si estrae il fluido alla temperatura indicata, lo si spinge in uno scambiatore che all’estremità ha un gas “bassobollente” da impiegare per azionare una turbina e produrre energia elettrica. Con questo sistema non si fanno grandi potenze, ma si ottengono centrali che producono una potenza significativa, per esempio 16 megawatt, invece dei 60 megawatt di quelle più produttive attualmente in Italia. Tante piccole centrali però possono aiutare a soddisfare il fabbisogno della popolazione, il costo dei pozzi è minore e non c’è alcun tipo di inquinamento”.

 

In conclusione, quella islandese è una prospettiva potenzialmente valida anche per l’Italia, ma al momento si trova allo stato di ricerca scientifica.