Attrezzature e funzionamento
L’impianto in questione è composto da un sistema di rotazione (motore e sistema di rotazione in sé), un apparato di sospensione (che comprende la torre, un sistema di sollevamento della batteria, un argano e le morse), una batteria di aste con scalpello (rock bit) ed un sistema di movimentazione del fluido di circolazione (pompa e compressore). La rotazione di uno scalpello posto alla base di una batteria, frantuma il terreno e questa tecnica viene detta perforazione a distruzione del nucleo. La circolazione del fluido di perforazione, che di solito è un fango bentonitico o polimeri, pompato in foro ha il compito di raffreddare e lubrificare lo scalpello, rimuovere i detriti e stabilizzare le pareti del foro stesso. Il sistema di rotazione può essere di tipo meccanico (rotary) o idraulico. Ogni componente dell’impianto di perforazione deve essere dimensionato in relazione alla profondità che si desidera raggiungere, ai diametri del foro, al tipo di terreno che bisogna attraversare.
La circolazione del fango
Il flusso del fluido di perforazione è a circuito chiuso. La pompa inietta nel foro il fango, il quale ingloba e rimuove all’esterno i detriti di perforazione (cutting). Dopo aver separato i detriti più grossolani per mezzo di un vibrovaglio, il fluido viene raccolto in vasche di sedimentazione e successivamente viene pompato nuovamente in foro. L’andamento e la velocità della perforazione dipendono dalle prestazioni del sistema di circolazione del fango.
Smaltimento dei detriti di perforazione
I rifiuti derivanti dalla perforazione possono essere smaltiti in discarica per rifiuti non pericolosi o pericolosi di cui al D. lgs. 36/03 e classificati come tali ai sensi del DM 3/8/05. Per il recupero possono essere portati a recupero ambientale secondo le operazioni previste dal DM 5/02/98. I CER relativi ai fanghi di perforazione sono inseriti nell’allegato D alla parte IV del D. lgs. 152/06. I codici che presentano l’asterisco riguardano dei prodotti classificati come pericolosi. L’analisi per la classificazione è quella prevista dal DM 3/8/05 per lo smaltimento in discarica o dal DM 5/2/98 smi se destinati al recupero. Il recupero ambientale è disciplinato dall’art. 5 del DM 5/2/98, che recita così: “Le attività di recupero ambientale individuate nell’allegato1 consistono nella restituzione di aree degradate ad usi produttivi o sociali attraverso rimodellamenti morfologici. L’utilizzo dei rifiuti nelle attività di recupero di cui al comma 1 è sottoposto alle procedure semplificate previste dall’art.33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n.22, a condizione che i rifiuti non siano pericolosi, che sia previsto e disciplinato da un apposito progetto approvato dall’autorità competente, che sia effettuato nel rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche previste dal presente decreto per la singola tipologia di rifiuto impiegato (nonché nel rispetto del progetto di cui sopra), che sia compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche e geomorfologiche dell’area da recuperare e che il contenuto dei contaminanti sia conforme a quanto prevede la legislazione vigente in materia di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale.
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